lunedì, maggio 26, 2003

I Common-Interest developments mi ricordano qualcosa...:

Leggo in "L'era dell'accesso" di Jeremy Rifkin una interessante analisi dei Common-Interest developments (CID), spazi abitativi completamente mercificati che vendono un'esperienza di vita, un modo di vivere, non semplicemente una casa. Vengono integrati una serie di servizi che vogliono costituire una esperienza unica per il consumatore, che in molti casi affitta temporaneamente il luogo di vita, che perde così la sua aurea di sacralità da sogno americano così importante in passato. Sono comunità recintate, sorvegliate all'ingresso ed espressamente pensate per limitare gli acessi, hanno una caratteristica che li differenzia in modo sostanziale da tutti gli altri precedenti modelli abitativi: l'obbligo di pagamento di una quota d'iscrizione al "club dei proprietari" e di un canone di abbonamento annuale o mensile.

Ma a parte tutte le altre conseguenze socio-culturali che i CID portano con sè, mi ha fatto sorridere una frase di Ebenezer Howard, ideatore della "città-giardino" e precurosore dell'idea di "common-interest developments", di cui Rifkin riporta il senso: "Il governo -dei CID- sarebbe stato una tecnocrazia controllata democraticamente, amministrata in maniera efficiente da manager di professione e ingegneri, insensibili alle tentazioni della politica tradizionale e alle pressioni di interessi di parte".
Verrebbe da dire che si possono trovare gli antesignani di Milano 2....e anche del nostro attuale governo, nato da un imprenditore edile di common-interest developments.

Nessun commento: